Basket: B come Bryant e Belinelli

NBA a dicembre: Kobe fa 30.000, Marco si mette in mostra

di Stefano Brienza

(fonte immagine: jalsport.it)

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Tanti protagonisti inattesi stanno avvicinando l’NBA al primo traguardo stagionale, quel giorno di Natale in cui – come da tradizione mondiale, ben traslata nel panorama cestistico dei pro – ci si scambiano regali e a volte si rompono amicizie. Successe a Kobe Bryant, che poi recuperò (il riferimento, per chi non cogliesse, sono i famosi scontri in serie fra Lakers e Heat a Natale negli anni successivi alla trade Shaq). Ora, fra tanti giovani che si fanno largo, per l’ennesima volta è lui ad ottenere le luci della ribalta.

Il figlio di Jellybean nella scorsa settimana ha toccato una rarissima milestone – pietra miliare – entrando a far parte del club dei 30.000 punti, che conta solamente cinque iscritti. Dopo la sconfitta contro Utah di stanotte (i Lakers sono 9-12 e D’Antoni senza Nash sembra spaesato) la quota è 30.051 e il contatore dice -1368 da Wilt Chamberlain. Ad oggi Kobe è il miglior marcatore della Lega con 28.4 punti a partita, quota che non toccava dal 2006. Sta avendo percentuali abbastanza gonfie, e per questo oltre che per gli auspicati miglioramenti nel gioco offensivo dei Lakers le medie potrebbero presto calare.

Ma se poniamo una previsione pessimistica di 26 punti a gara, con sole 19 partite saltate negli ultimi 6 anni, sembra difficile che The Stilt non venga raggiunto entro la fine della stagione. L’anno prossimo, facendo scongiuri sulla salute di Bryant, verrà ripreso pure Sua Maestà Jordan (che ha chiuso a 32.292), e a quel punto dipenderà tutto dalla sua longevità fisica se volesse inseguire anche Malone e Abdul-Jabbar. Ora però torniamo a concentrarci sul presente e su quei giocatori che non t’aspettavi.

Gente come Larry Sanders. Centro esploso al terzo anno, quindicesima assoluta di Milwaukee del 2010, è secondo nella Lega per stoppate con 3.1 ed aggiunge 7.8 punti e 7.7 rimbalzi in soli 23 minuti, frutto anche di una rara tripla doppia con le stoppate (è il diciassettesimo di sempre a riuscirci). Un rendimento simile a quello che sta avendo McGee, autore della stessa impresa due stagioni fa: 11.3+5.7 in 20′, nonostante continui a combinare disastri di ingenuità.

Gente come Varejao: va bene la solidità sempre mostrata, l’aumento consistente dei minuti e l’assenza di altri lunghi credibili a Cleveland, ma 15.2 rimbalzi di cui 6 offensivi sono decisamente un’esagerazione. Gente come OJ Mayo e James Harden, sesti uomini di lusso l’anno scorso, quinto e settimo marcatore della lega (più leadership, playmaking, capacità di vincere le partite, etc.) quest’anno.

Squadre come Atlanta, terza ad Est quando si pensava ad una stagione alla deriva: gli Hawks seguono solo Miami e, al primo posto, ancora i Knicks, 15-5 con il nuovo volto da bad boy. Come Golden State, protagonista di buon gioco e di un clamoroso 7-4 in trasferta. Ad Ovest San Antonio ed Oklahoma City hanno spiccato il volo, ma Grizzlies e Clippers hanno progetti in grande.

Così come Marco Belinelli. Nella nostra preview di inizio stagione ci si aspettava, prima o poi, una grande occasione da sfruttare per il bolognese che ha proprio Bryant come modello: con Rose fuori è arrivato uno dei tanti stop di Hamilton, e le porte si sono spalancate davanti all’ex Hornets, che ha risposto con 61 punti in tre partite, giocandole quasi per intero e mettendosi parecchio in mostra davanti a coach Thibodeau.

Insomma, mentre Bargnani e Gallinari si barcamenano fra buone prestazioni ed oscene serate al tiro, l’italiano meno atteso risulta la nota più lieta, trovandosi bene negli schemi dei Bulls e contribuendo pesantemente ad un paio di vittorie. Attenzione però: nella lunga regular season NBA il limite fra l’affermazione ed i 15 minuti di gloria, fra l’esaltazione ed il marcire in panchina, è spesso molto labile.

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