Equo compenso: a Roma proteste per accordo tra Governo, FIEG e FNSI

Per la prima volta giornalisti, freelance e precari dell’informazione hanno organizzato una manifestazione contro il sindacato di categoria. Chieste le dimissioni del segretario FNSI Franco Siddi e di tutta la giunta esecutiva

di Graziano Rossi
su Twitter @grazianorossi

(foto ©Graziano Rossi)

(foto ©Graziano Rossi)

Roma, 8 luglio 2014. Per la prima volta viene organizzata una manifestazione per protestare contro la FNSI, il sindacato dei giornalisti, per l’accordo sull’equo compenso firmato poche settimane fa da Governo, Federazione nazionale della stampa e FIEG, Federazione Italiana Editori Giornali. 

Il motivo della protesta, alla quale era presente un centinaio di persone tra giornalisti, freelance e precari, ma anche rappresentanti di alcuni comitati di redazione e giornalisti già dipendenti di diverse testate, come abbiamo già avuto modo di spiegare sul nostro giornale negli scorsi numeri, riguarda i compensi minimi per la pubblicazione, giudicati totalmente insufficienti per far lavorare dignitosamente quei professionisti del settore giornalistico (e gli aspiranti giornalisti) non tutelati dal contratto nazionale di categoria.

La mobilitazione “#StopFNSI” ha avuto il suo culmine quando i manifestanti sono entrati nella sede del sindacato interrompendo una riunione della giunta. Dopo qualche attimo di tensione e un acceso scontro verbale, gli organizzatori hanno potuto tenere una conferenza stampa, durante la quale hanno chiesto le immediate dimissioni del segretario FNSI, Franco Siddi, e di tutta la giunta esecutiva.

Uno degli organizzatori della protesta, Valeria Calicchio, ha sottolineato come a causa di questa intesa non sia più possibile “garantire l’informazione in questo Paese. Non siamo qui per rappresentare una categoria, ma perché se non c’è equità nel pagamento, non ci può essere libertà di informazione. Il vero conflitto di interesse che mina la libertà di stampa è dato dallo sfruttamento di 24mila precari e freelance con redditi al di sotto dei cinquemila euro l’anno. La nostra è una battaglia di libertà per il Paese, perché il sindacato ha fallito nelle sue due missioni, tutelare i lavoratori e la libertà di stampa”.

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Dal canto suo Siddi ha respinto le accuse: “Non è vero che abbiamo fissato per i collaboratori uno stipendio di 250 euro al mese. Quello è il compenso minimo per 12 articoli al mese da 1.600 battute. Sappiamo benissimo cosa vuol dire precarietà e abbiamo cercato di estendere la rete delle garanzie”.

Intanto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha deliberato un’impugnatura dell’accordo sull’equo compenso davanti al Tar. Il presidente nazionale Enzo Iacopino ha motivato questa decisione per “tutelare i diritti dei più deboli mortificati dall’accordo raggiunto da Fnsi e Fieg”.

E la classe politica? Marco Furfaro della segreteria nazionale di SEL ha espresso sdegno dopo la manifestazione di martedì: “L’accordo tra editori, FNSI e governo è umiliante e iniquo per decine di migliaia di giornalisti precari e freelance. Dopo la giusta legge sull’equo compenso, l’accordo siglato stabilisce tariffe minime per autonomi e precari che offendono la dignità dei lavoratori e il diritto all’informazione. Un’informazione precaria e sottopagata non può essere libera, professionale ed equilibrata. In questo modo si apre una falla nel sistema della garanzie democratiche, di cui l’informazione è un pilastro insostituibile e costituzionalmente riconosciuto”.

Anche Giulia Tempesta, Vice capogruppo del PD romano, è solidale con chi soffre questa situazione: “Sono vicina ai giornalisti precari che oggi hanno portato in piazza la loro protesta. Una giusta retribuzione e una libera informazione non mi sembrano richieste assurde. Per questo condivido la protesta e mi auguro che le Istituzioni non rimangano sorde di fronte a delle istanze più che legittime. Una stampa libera e indipendente passa anche da un equo compenso e da una stabilità occupazionale che offra un’adeguata prospettiva di lavoro e di vita”.

La manifestazione, hanno promesso gli organizzatori del presidio di due giorni fa, è stata solo la prima contro l’accordo sull’equo compenso. Una cosa è certa, a prescindere dai motivi che si celano dietro a quest’intesa, in Italia il mestiere di giornalista (e l’informazione tutta) è in grave pericolo.

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